I lasciti in favore di enti non lucrativi

Livorno, 6 maggio 2016

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Riflessioni sulla pianificazione successoria tra autonomia e limiti alla volontà del testatore.

 

I lasciti in favore di enti non lucrativi. Accettazione con beneficio di inventario e rischi di decadenza dell’ente chiamato.

 

Tizio ha istituito erede nella quota disponibile l’Associazione Alfa, la quale vorrebbe alienare uno degli immobili ricompresi nel patrimonio ereditario.

L’eredità è stata accettata con beneficio di inventario, ma l’inventario non è stato redatto nei termini di legge.

 

I problemi che emergono dalla traccia, apparentemente semplice, possono essere cronologicamente raggruppati in tre fasi:

           a) Un primo aspetto attiene al lascito testamentario a favore di un ente non lucrativo. Frequente è infatti l’utilizzo del testamento per beneficiare associazioni o fondazioni che operano in settori in cui lo Stato non appare sufficientemente presente  (dalla ricerca contro le malattie, alla cura degli animali, alla salvaguardia del patrimonio artistico o ambientale..)

Il testamento si rivela dunque uno strumento  “necessario”,  in quanto l’ente non lucrativo non potrebbe ovviamente divenire erede ex lege. [i]

Si tratta allora di vedere quale contenuto può avere il testamento: eredità o legato ?  lascito a favore di ente già esistente o da istituire ?  [ii]  semplice disposizione attributiva o anche vincolo di destinazione [iii] impresso sull’immobile al fine di facilitare il raggiungimento delle finalità avute di mira dal testatore ?

In ogni caso la volontà di lasciare per testamento beni immobili o altre attività ad enti non lucrativi incontra, come tutti i lasciti in favore di soggetti estranei al nucleo familiare, il limite del rispetto dei diritti dei legittimari.

Sotto il profilo fiscale va ricordato che ai sensi dell’Art. 3 I Dlgs 346/1990 “Non sono soggetti ad imposta i trasferimenti in favore di ……. fondazioni e associazioni legalmente riconosciute, che hanno come scopo esclusivo l’assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l’educazione, l’istruzione o altre finalità di pubblica utilità nonché quelle in favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) …”.

Analoga esenzione è prevista sotto il profilo delle imposte ipotecaria e catastale dagli Artt. 1 comma II e 10 comma III Dlgs 347/1990.

 

        b) Un secondo aspetto attiene alla capacità di succedere degli enti non riconosciuti (aspetto sul quale oggi più non si discute [iv]) ed alla disciplina che regola il conseguimento del lascito.

Va infatti ricordato che l’acquisto dell’eredità, da parte di enti non lucrativi può avvenire solo seguendo le regole dell’ accettazione con beneficio di inventario ex Art. 473 C.C., con normativa che  corrisponde a quelle dettata per i soggetti incapaci (Artt. 471-472 C.C.).

Il parallelismo è significativo per far comprendere il tradizionale sfavore nei confronti degli acquisti da parte di enti non lucrativi e apre considerazioni sulla opportunità di modificare l’attuale disciplina.

          c) Una volta che l’ente è divenuto erede, un ulteriore aspetto da esaminare riguarda la particolare disciplina della vendita che - proprio perché fondata su una accettazione beneficiata - dovrà essere autorizzata ex Art. 747 C.p.c.  dal Tribunale del luogo di apertura della successione.

       Sempre in sede di rivendita dell’immobile, alcune considerazioni vanno poi fatte in relazione al Codice dei beni culturali (D.lgs 42/2004), poiché l’attuale normativa prevede la provvisoria inalienabilità degli immobili risalenti ad oltre settanta anni fa ed appartamenti a persone giuridiche private senza fini di lucro, fino alla conclusione del procedimento di verifica circa la culturalità del bene. [v]

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In questo mio breve intervento mi soffermerò principalmente sulla sorte del lascito, in caso di accettazione di eredità non perfezionatasi nei modi di legge.

Preliminarmente va ricordato che ilsistema codicistico, nel suo impianto originario, [vi] poneva una netta distinzione tra:

à  associazioni riconosciute e fondazioni (persone giuridiche): l’ Art. 17 C.C. prevedeva in generale la necessità di una autorizzazione governativa per procedere all’acquisto di immobili, accettazione di donazioni ed eredità ed al conseguimento dei legati. [vii]

La ratio era quella di impedire il ricostituirsi della “manomorta”, cioè la sottrazione dei beni alla circolazione o al loro impiego produttivo, preoccupazione sorta originariamente per la manomorta ecclesiastica.

La domanda doveva essere rivolta al Prefetto ex Art. 5 disp. att. corredata dai documenti necessari per dimostrare l’entità, le condizioni, l’opportunità dell’acquisto e la destinazione dei beni. Il Notaio era obbligato a dare notizia entro 30 gg. di donazioni o lasciti testamentari al rappresentante della persona giuridica ed al Prefetto della Provincia.

Secondo l’opinione prevalente, l’autorizzazione non incideva sulla formazione del negozio ma rendeva possibile il prodursi degli effetti ex tunc (Cass. 1781/1988).

In presenza di istituzioni di erede, l’Art. 473 C.C. imponeva (ed impone ancora oggi) l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario [viii]; mentre l’Art. 783 IV stabiliva la irrevocabilità per un anno della dichiarazione del donante, una volta che al medesimo fosse stata notificata la domanda diretta ad ottenere l’autorizzazione governativa.

La sequenza per poter conseguire un lascito ereditario avrebbe dovuto essere la seguente:

1) inventario 2) autorizzazione governativa 3) accettazione beneficiata.

Non va tuttavia dimenticato che ai sensi dell’art. 487 III “se il chiamato all’eredità ha fatto l’inventario non preceduto da dichiarazione d’accettazione, deve provvedervi nei quaranta giorni successivi al compimento dell’inventario; in mancanza perde il diritto di accettare l’eredità”

Per ovviare al rischio che l’autorizzazione non fosse rilasciata nei termini, si diffuse la prassi di stilare un inventario con funzioni meramente amministrative, poi seguito dalla autorizzazione, ed infine dall’inventario finalizzato alla accettazione beneficiata.

In questa prospettiva l’accettazione beneficiata non era tanto volta a tutelare l’ente nei confronti di eredità potenzialmente dannose (mantenendo una separazione tra patrimonio ereditario e patrimonio dell’erede) quanto piuttosto a consentire una valutazione governativa – proprio tramite l’inventario – sull’entità dei beni devoluti a persone giuridiche.

Il beneficio della responsabilità limitata era soltanto un compenso a fronte dell’onere imposto all’ente, per altra ragione, di erigere l’inventario.

à   associazioni non riconosciute (non dotate di personalità giuridica): erano prive della capacità di ricevere per successione o donazione in quantogli Artt. 600 e 786 C.C. prevedevano l’onere di proporre istanza per il riconoscimento entro un anno al fine di rendere efficaci le disposizioni testamentarie o le donazioni disposte in loro favore.  [ix]

à Con la legge Bassanini bis (L. 127/1997) è stato abrogato l’Art. 17 C.C. e più in generale sono state abrogate “le disposizioni che prescrivono autorizzazioni per l’acquisto o per l’alienazione di immobili o per l’accettazione di donazioni, di eredità e legati da parte di persone giuridiche, associazioni e fondazioni”.

L’opinione maggioritaria riteneva che la nuova normativa si riferisse solo alle persone giuridiche, non essendo espressamente toccati gli Artt. 600 e 786 del Codice civile circa la incapacità di ricevere per testamento o donazione da parte di enti non riconosciuti.

Mentre l’Art. 17 costituiva una condicio iuris di efficacia di un acquisto a titolo derivativo, gli Artt. 600 e 786 costituivano infatti un vero e proprio limite alla capacità giuridica degli enti non riconosciuti.

à La legge 192/2000 ha poi abrogato gli Artt. 600 e 786 circa l’obbligo di ottenere il preventivo riconoscimento dell’autorità governativa per poter conseguire un lascito testamentario o rendere efficace una donazione.

In questo modo il legislatore sembra avere confortato l’opinione della dottrina minoritaria (Carnevali [x]) secondo cui l’abrogazione dell’Art. 17 comportava implicitamente anche l’abrogazione degli Artt. 600 e 786 C.C.

Oggi gli enti non lucrativi, siano essi o meno dotati di personalità giuridica, sono dunque parificati sotto il profilo della capacità di succedere per testamento.

In ogni caso è rimasto in vigore l’Art. 473 C.C. nella parte in cui impone alle persone giuridiche non lucrative di accettare con beneficio di inventario, obbligo che la legge 192/2000 ha esteso alle associazioni non riconosciute.

La tradizionale ratio della accettazione beneficiata è rinvenuta nell’evitare all’erede una confusione tra il proprio patrimonio e quello del de cuius, ponendo l’erede al riparoda una possibile responsabilità ultra vires hereditatis.

Tuttavia, una volta abrogato l’Art. 17 e venuta meno la originaria corrispondenza tra controllo governativo ed accettazione beneficiata, la dottrina più attenta (Gabrielli [xi]) ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale circa la imposizione agli enti morali della accettazione beneficiata.

Tale imposizione costituisce infatti una irragionevole limitazione della capacità giuridica (Art. 22 Cost.). Non si comprende perché gli enti morali siano parificati agli incapaci piuttosto che alle società. Oramai è pacifico che gli enti non lucrativi possono svolgere attività economiche, sono soggette a possibile fallimento, differenziandosi dalle società sotto l’aspetto del lucro soggettivo, cioè sotto l’aspetto del divieto di distribuire utili agli associati, non potendo questi ultimi ripetere i contributi versati, né vantare alcun diritto sul patrimonio dell’associazione (cfr. Art. 24 III C.C.).

Sul piano della politica del diritto l’Art. 473, per come oggi formulato, merita dunque di essere soppresso.             

Da ricordare che l’obbligo dell’accettazione beneficiata non si applica comunque ai legati ma solo alle disposizioni a titolo universale, che potrebbero esporre gli enti ad una responsabilità ultra vires (Cass. 464/1994).  Sotto il profilo della tecnica testamentaria, al fine di semplificare l’acquisto di beni in capo all’ente, è dunque preferibile ricorre ad attribuzioni a titolo particolare. In questo senso, per restare al titolo della tavola rotonda, si potrebbe dire che il testamento con il quale si istituisce erede un ente non lucrativo, potrebbe in alcuni casi risultare un “testamento sbagliato”.

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à Ritornando allo specifico problema sollevato dal caso che stiamo esaminando, va ricordato che una delle difficoltà che spesso si presentano è data dall’ente che, dopo avere accettato l’eredità con beneficio di inventario, non abbia redatto l’inventario [xii] nei termini di legge.

Secondo l’Art. 487 il chiamato che non è nel possesso dei beni ereditari può fare la dichiarazione di accettare con beneficio di inventario fino a che il diritto di accettare non si è prescritto (quindi entro 10 anni dalla apertura della successione ex Art. 480).[xiii]

Quando ha fatto la dichiarazione di accettare, deve compiere l’inventario nel termine di tre mesi,  salvo proroga accordata dall’Autorità Giudiziaria.

Non vi è tuttavia concordia di opinioni circa le conseguenze della mancata redazione dell’inventario:

a)-- In difetto di inventario, secondo una opinione dottrinale (Cicu, Ferri; Perlingieri in Rass. Dir. civ. 2009, I, 202), l’ente diverrebbe erede puro e semplice.

Tale posizione risulta essere minoritaria perché l’ente non lucrativo può accettare solo con beneficio di inventario: una eventuale accettazione pura e semplice sarebbe infatti da considerarsi nulla o comunque del tutto inefficace.

b)-- Secondo un primo orientamento giurisprudenziale (Cass. 2617/1979; Cass. 1781/1988; in senso analogo Capozzi [xiv] e Lorefice [xv]) il mancato compimento dell’inventario determinerebbe l’incapacità di succedere, con sanzione di decadenza e perdita del diritto di accettare; seguirebbe eventuale azione risarcitoria nei confronti del rappresentante responsabile.  L’ente non potrebbe allora rivendere il bene se non invocando un acquisto a titolo originario per usucapione.

c)--- Secondo una opinione intermedia, le persone giuridiche e gli enti non riconosciuti non possono mai divenire eredi puri e semplici.  Al tempo stesso non si verificherebbe neppure  un’ ipotesi di incapacità a succedere.

L’ente rimarrebbe nella posizione di chiamato e sarebbe possibile effettuare una nuova accettazione, purchè non si siano verificate ipotesi di prescrizione (Art. 480) o decadenza (481). In questo senso si esprime la più recente giurisprudenza (cfr. Cass. 19598/2004:       Le persone giuridiche diverse dalle società, ai sensi dell'art. 473 c.c., non possono accettare le eredità loro devolute, se non con il beneficio d'inventario (e per le eredità devolute prima dell'entrata in vigore dell'art. 13 della l. n. 127 del 1997, se non ottenendo, altresì, l'autorizzazione governativa prescritta dall'art. 17 c.c.). Di conseguenza, qualora l'accettazione, nell'unica forma consentita dalla legge, sia divenuta inefficace, si deve ritenere che, non potendo trovare applicazione, per evidente incompatibilità, la diversa disposizione in forza della quale il beneficiario è da considerare erede puro e semplice, si deve escludere che sussista alcuna accettazione[xvi]) e la più attenta dottrina (Gabrielli, Iaccarino).

M.Leo, in Risposta a Quesito 5660/C del 2005 afferma che “aderendo alla soluzione giurisprudenziale più recente, la posizione della persona giuridica (diversa dalla società) che abbia accettato con beneficio di inventario, ma che non abbia completato l’inventario nei termini, è (pur sempre) di chiamato all’eredità ai sensi dell’art. 460 c.c., in grado di accettare finché il termine prescrizionale dell’art. 480 c.c. non sia trascorso”.

Poiché la prescrizione deve comunque essere eccepita, sarà quindi possibile procedere alla accettazione anche decorso il decennio.

Molto chiara è la presa di posizione di Gabrielli, il quale critica apertamente il precedente orientamento giurisprudenziale (Cass. 1781/1988), che postulava l’esistenza di una causa di decadenza dal diritto di accettare l’eredità non prevista dalla legge.

Secondo Gabrielli “E’ vero che l’accettazione beneficiata è inefficace in difetto dell’inventario; ma è anche vero che un inventario tardivo, se non vale a rendere efficace la dichiarazione anteriore, non può certo impedire di renderne una nuova, ricollegantesi proprio a quell’inventario: tardivo, bensì rispetto all’originaria dichiarazione, che proprio perciò resta inefficace definitivamente, ma idoneo a giustificarne una successiva, che sopravvenga nel termine di quaranta giorni dal compimento di esso, come disposto negli Artt. 485 uc e 487 uc.”

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Altro aspetto da considerare è quello dell’ obbligo/onere per l’ente di ottenere l’autorizzazione giudiziale per la vendita ex Art. 493 C.C. e 747 C.p.c.

Il dubbio che si affaccia è se, in mancanza di autorizzazione, il negozio sia invalido come avviene per gli incapaci ex Artt. 322, 377, 396 (i quali tuttavia non si intendono decaduti dal beneficio del termine ex Art. 489 C.C. se non decorso un anno dal compimento dello stato di incapacità; in tal senso Grosso e Burdese; Lorefice) oppure valido  con decadenza per l’ente dal beneficio del termine, secondo la regola generale di cui all’Art. 493 C.C. dettata per i soggetti capaci (in tal senso Ferri e Capozzi).

Il Tribunale di Bergamo, nel dichiarare il “non luogo a provvedere sul ricorso (che chiedeva autorizzazione per la convalida ex Art, 1444),  giudica che la mancanza dell’autorizzazione ex art. 493 c.c. “ provoca soltanto la decadenza del beneficio, ma non incide sulla validità degli atti di disposizione, che pertanto non possono essere impugnati da alcuno ”. [xvii]

M.Leo, aderendo a quest’ultima impostazione, osserva che in presenza di creditori ereditari, l’atto di disposizione compiuto dalla persona giuridica senza l’autorizzazione di cui all’art. 493 c.c., comportando la decadenza dal beneficio di inventario non può che operare solo sugli effetti di quest’ultimo. Questi si esplicheranno analogamente agli effetti previsti per le persone fisiche capaci, e cioè la confusione del patrimonio dell’erede e del de cuius”.

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Sempre nella prospettiva della rivendita del bene entrato a far parte del patrimonio di un ente non lucrativo, va anche ricordato che il D.lgs 42/2004 (Codice dei beni culturali) prevede che gli immobili appartenenti alle persone giuridiche private senza fini di lucro (compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti) la cui esecuzione risale ad oltre settanta anni sono beni culturali e sottoposti alle disposizioni del T.U., fino a quando non ne è effettuata la verifica da parte dei competenti organi del Ministero (Artt. 10, 54 n. 2 e 56).

Fino alla conclusione del procedimento di verifica il bene è inalienabile (Art. 54 II). 

Si ritiene che il silenzio equivalga a inadempimento: l’interessato potrà ricorrere al TAR, diffidare l’Autorità amministrativa o riproporre l’istanza.

- In caso di esito negativo il bene è escluso dalla applicazione del codice.

- In caso di esito positivo, la vendita potrà avvenire solo previa autorizzazione ministeriale ex Art. 56 T.U. , che può essere rilasciata a condizione che dalla alienazione non derivi danno alla conservazione e alla pubblica fruizione dei beni medesimi.

Può pertanto verificarsi che in relazione ad un immobile di vecchia costruzione, già proprietà di un privato e privo di ogni interesse storico-artistico, scatti la presunzione di interesse culturale (fino a contrario accertamento del Ministero) solo perché lo stesso immobile è divenuto di proprietà di una persona giuridica senza fini di lucro.

Tra l’altro va anche segnalata una ulteriore anomalia consistente nella disparità di trattamento tra enti riconosciuti o meno:  la temporanea inalienabilità in esame non si applica infatti agli enti non riconosciuti, essendo la presunzione riferita ai soli beni appartenenti alle persone giuridiche senza fini di lucro.

Va poi ricordato che le alienazioni compiute contro i divieti stabiliti dal T.U. sono nulle (Art. 164) e che è punito con la reclusione fino ad un anno e la multa da Euro 1549 ad Euro 77.469 chiunque, senza la prescritta autorizzazione, aliena i beni culturali appartenenti a persone giuridiche private senza fine di lucro (Art. 173).

Gian Luca Cristiani

Notaio in Campiglia Marittima



[i] Oltre al testamento, altri strumenti utilizzabili sono quelli della donazione e della assicurazione sulla vita in favore di enti non lucrativi.

[ii]  Affinchè un ente (riconosciuto e meno) abbia la capacità di succedere occorre che lo stesso sia esistente al momento della apertura della successione.  Va tuttavia ricordato che il testatore oltre a costituire una fondazione direttamente per testamento (Art. 14 II C.C.), potrebbe anche effettuare lasciti in favore di un ente da costituire.

In caso di costituzione di ente per testamento si ritiene che, non sussistendo il rischio di evitare confusione tra patrimoni, ne discenderebbe la validità di una accettazione anche non beneficiata (Trib. Gorizia 4 aprile 2000, Familia 2001, p. 514 con nota di Grassi).

[iii] D. Muritano, Atti di destinazione e successione, Le successioni, Manuale notarile a cura di Tagliaferri, Preite, Carbone, Giuffrè 2016. p. 753 ss,  il quale ritiene che dal punto di vista strutturale, il testamento pubblico istitutivo di un vincolo di destinazione sarà caratterizzato, come il trust testamentario, dall’attribuzione strumentale dei beni ad un gestore. ..Anche  in questo caso si tratterà di attribuzione di beni funzionale a un incarico gestorio, che escluderà la qualificazione di erede o legatario in capo al gestore medesimo. Si veda anche E.Moscati, Il testamento quale fonte di vincoli di destinazione, Riv. dir. civ. 2/2015 p. 253 ss

Per la inefficacia del vincolo di destinazione istituito per testamento si è invece espresso Tribunale di Roma 18 maggio 2013, Fam.dir. 8-9 2013, p. 783 ss., con nota critica di R.Calvo.

[iv] Così come non è più in discussione la capacità immobiliare degli enti non riconosciuti a seguito delle modifiche apportate dalla legge 52/1985 all’Art. 2659 C.C. in tema di contenuto della nota di trascrizione.

[v] Per un quadro di sintesi: La Circolazione dei beni culturali, C.Lomonaco, Focus 2/2015, CNN Notizie 5 marzo 2015

[vi] Per una sintesi sull’evoluzione della normativa in esame si vedano: G.Iaccarino, Le successioni, Manuale notarile a cura di Tagliaferri, Preite, Carbone, Giuffrè 2016. p. 83 ss – 242 ss.

 R.D.Cogliandro, Alienazione ed acquisti di enti non lucrativi, Le vendite immobiliari, Tipologie e tutele, a cura di F.Bocchini, Giuffrè, 2016, p. 2

[vii] L’Art. 17 C.C. prevedeva che “La persona giuridica non può acquistare beni immobili né accettare donazioni o eredità, né conseguire legati senza l’autorizzazione governativa. Senza questa autorizzazione l’acquisto e l’accettazione non hanno effetto”

[viii] M.Ceolin, Struttura e scopo degli enti nell’accettazione dell’eredità beneficiata, Riv. dir. civ. 3/2013 p. 691 ss

[ix] L’Art. 600 I C.C. prevedeva che “Le disposizioni a favore di un ente non riconosciuto non hanno efficacia, se entro un anno dal giorno in cui il testamento è eseguibile non è fatta l’istanza per ottenere il riconoscimento”.

Secondo l’abrogato Art. 786 I C.C. “La donazione a favore di un ente non riconosciuto non ha efficacia, se entro un anno non è notificata al donante l’istanza per ottenere il riconoscimento. La notificazione produce gli effetti indicati dall’ultimo comma dell’art. 782 C.C.”

[x]  Carnevali, L’abrogazione dell’Art. 17 C.C. del codice, Contratti, 1997 p. 229 ss

[xi] Gabrielli, L’accettazione di eredità da parte dei corpi morali, Riv. dir. civ. p. 226 ss

[xii] A seguito delle modifiche introdotte dal DL. 212/2011 conv. legge 10/2012 non è più necessario che il notaio incaricato della redazione dell’inventario sia nominato dal Tribunale. L’Art. 769 uc C.p.c. prevede infatti che “Quando non sono stati apposti i sigilli, l’inventario può essere chiesto dalla parte che ne assume l’iniziativa direttamente al notaio designato dal defunto nel testamento ovvero, in assenza di designazione, al notaio scelto dalla stessa parte”.

[xiii] Da ricordare che secondo i principi generali in tema di prescrizione, questa non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma deve essere eccepita da chi vi abbia interesse (Art. 2938 C.C.). Pertanto, anche decorso un decennio, il chiamato può acquistare la qualità di erede se nessuno degli interessati ha accettato l’eredità o ha eccepito l’estinzione per prescrizione del diritto di accettare (Cass. 5633/1987, Vita Not. 1987 p. 575)

[xiv]  Capozzi, Successioni e donazioni III Ed. a cura di Ferrucci-Ferrentino p. 282 ss

[xv] Lorefice, L’accettazione con beneficio di inventario, Trattato breve delle successioni e donazioni, diretto da P. Rescigno, 2010, p. 345, il quale precisa che la decadenza dal diritto di accettare si verifica ex Art. 487 III anche quando la persona giuridica ha compiuto l’inventario ma ha omesso nei quaranta giorni successivi di manifestare la sua volontà di accettare o di rinunciare. L’A. afferma inoltre che ove ai sensi dell’Art. 481 c.c. sia stato fissato un termine entro cui la persona giuridica deve provvedere all’accettazione, pena la decadenza da tale diritto, è sufficiente che la medesima provveda entro il detto termine all’accettazione.

[xvi] Cass. 19598/2004, Riv. Not. 2005 p. 387 con nota di Margiotta

[xvii] Trib. Bergamo 2 novembre 1999, Riv. Not. 2000 p. 184