La prelazione agraria degli I.A.P.

Estensione del diritto di prelazione agraria al confinante I.A.P.

L’art. 1 comma 3 della legge 28 luglio 2016, n. 154 (in G.U. n. 186 del 10.8.2016) - in vigore dal 25 agosto 2016 - ha modificato l’art. 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817 (in tema di diritto di prelazione spettante al confinante coltivatore diretto del fondo agricolo), aggiungendovi il numero 2-bis, con il quale si estende il diritto di prelazione agraria ai confinanti I.A.P.

«Il termine di quattro anni previsto dal primo comma dell’articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, per l’esercizio del diritto di prelazione è ridotto a due anni.

Detto diritto di prelazione, con le modifiche previste nella presente legge, spetta anche:

1) al mezzadro o al colono il cui contratto sia stato stipulato dopo l’entrata in vigore della legge 15 settembre 1964, n. 756;

2) al coltivatore diretto [1] proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti;

2-bis) all’imprenditore agricolo professionale [2] iscritto nella previdenza agricola proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purchè sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti o enfiteuti coltivatori diretti. [3]

Nel caso di vendita di più fondi ogni affittuario, mezzadro o colono può esercitare singolarmente o congiuntamente il diritto di prelazione rispettivamente del fondo coltivato o dell’intero complesso di fondi».

Il diritto di prelazione agraria (disciplinato dall’art. 8 della legge n. 590/1965) spetta dunque oggi non solo al confinante coltivatore diretto ma anche:

-       all’ imprenditore agricolo professionale (I.A.P.)

-       che sia iscritto nella relativa gestione previdenziale;

-       che sia proprietario di terreni confinanti;

-       che abbia coltivato gli stessi terreni confinanti da almeno due anni [4] (non necessariamente come proprietario, ma anche ad altro titolo);

-       che non abbia alienato altri fondi nel biennio precedente;

-       purchè sul fondo oggetto di vendita non siano insediati affittuari coltivatori diretti o soggetti assimilati.

Il diritto di prelazione agraria non è stato esteso all’affittuario I.A.P.

La norma in esame non ha infatti modificato l’art. 8 della legge n. 590/1965: ciò significa che all’ affittuario del fondo rustico spetta il diritto di prelazione agraria soltanto quando sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto.

Resta da valutare se la presenza di un affittuario avente i requisiti I.A.P. sul fondo oggetto di vendita escluda la prelazione del confinante (che sia coltivatore diretto o I.A.P.). La lettera della legge depone in senso negativo: il n. 2 dell’Art. 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817 non è stato infatti modificato.

Il requisito della iscrizione nella gestione previdenziale

Tale iscrizione è richiesta in caso di acquisto di terreni agricoli per godere delle agevolazioni fiscali sia da parte di coltivatori diretti che da parte di I.A.P. [5]

Ai fini della prelazione, il requisito della iscrizione nella relativa gestione previdenziale è invece richiesto solo per l’imprenditore agricolo professionale, mentre non è richiesto per il coltivatore diretto. Per quest’ultimo  si è finora ritenuto che, trattandosi di un dato puramente formale, la iscrizione all’INPS debba essere considerata come mero elemento indiziario.

Diritto di prelazione spettante a società

In forza del D.lgs 99/2004 e del D.L. 91/2014 il diritto di prelazione agraria è stato attribuito alle società nei seguenti casi:

– in relazione alle società agricole di persone di cui all’art. 2, comma 3, del D. Lgs. n. 99/2004, ai sensi di detto comma 3 «L’esercizio del diritto di prelazione o di riscatto di cui all’articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n.590, e successive modificazioni, ed all’articolo 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, spetta anche alla società agricola di persone qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto come risultante dall’ iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all’ articolo 2188 e seguenti del codice civile»;

– in relazione alle società cooperative di imprenditori agricoli, a norma dell’art. 7-ter del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito in legge 11 agosto 2014, n. 116, «L’esercizio del diritto di prelazione o di riscatto di cui all’articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, e successive modificazioni, e all’articolo 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, spetta anche alle società cooperative di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, qualora almeno la metà degli amministratori e dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto come risultante dall’ iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese di cui agli articoli 2188 e seguenti del codice civile».

Si tratta di stabilire se, a seguito della legge 28 luglio 2016 n. 154, il diritto di prelazione competa anche alle società di persone ed alle cooperative aventi i requisiti I.A.P.

Va in generale ricordato:

- che a norma dell’art. 1, comma 3, del D. Lgs. 29 marzo 2004, n. 99, le società di persone, cooperative e di capitali, anche a scopo consortile, sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’ articolo 2135 del codice civile e siano in possesso dei requisiti ivi indicati;

- che a norma dell’art. 1, comma 5-ter, del D. Lgs. n. 99/2004, le disposizioni relative all’imprenditore agricolo professionale si applicano anche ai soggetti persone fisiche o societàche, pur non in possesso dei requisiti di cui ai commi 1 e 3, abbiano presentato istanza di riconoscimento della qualifica alla Regione competente che rilascia apposita certificazione, nonché si siano iscritti all’apposita gestione dell’INPS. Entro ventiquattro mesi dalla data di presentazione dell’istanza di riconoscimento, salvo diverso termine stabilito dalle Regioni, il soggetto interessato deve risultare in possesso dei requisiti di cui ai predetti commi 1 e 3, pena la decadenza degli eventuali benefici conseguiti.

Si ritiene dunque che - in forza del predetto rinvio - il diritto di prelazione competa nei casi sopra indicati anche alle società di persone ed alle cooperative aventi i requisiti I.A.P. (cfr. Petrelli, Rassegna delle recenti novità normative, secondo semestre 2016).

Per gli acquisti e le o vendite con intervento dell’ISMEA non sussiste il diritto di prelazione

L’art. 13, comma 4-ter, del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193 (in G.U. n. 249 del 24.10.2016), in vigore dal 24 ottobre 2016, convertito, con modificazioni, in legge 1 dicembre 2016, n. 225 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 282 del 2.12.2016), in vigore dal 3 dicembre 2016, ha modificato l’art. 14, comma 1, della legge 26 maggio 1965, n. 590, limitando l’ambito di applicazione della prelazione agraria ivi contemplata. Ai sensi di tale novellata disposizione «Il diritto di prelazione previsto dall’art. 8 non può essere esercitato quando i terreni vengano acquistati dagli Enti ai sensi e per gli scopi previsti dal precedente art. 12, o quando vengano acquistati o venduti dall’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA)».

Quindi il diritto di prelazione agraria non spetta sia nell’ipotesi di terreni acquistati dall’Ismea, sia nell’eventualità in cui quest’ultimo Ente proceda alla relativa alienazione.

Va infine ricordato che l'Art. 8 del D.lgs 99/2004 aveva equiparato gli assegnatari (acquirenti con patto di riservato dominio) dall' ISMEA ai proprietari coltivatori diretti di fondi confinanti in ordine al diritto di prelazione o di riscatto agrari. 


[1] La nozione di coltivatore diretto si ricava dall’ Art. 1647 c.c., dall’Art. 31 legge 590/65 e dall’ Art.6  legge 203\82:         si considera tale colui che coltiva il fondo (o alleva bestiame) con il lavoro proprio e della propria famiglia, sempre che tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo.

[2] Per Imprenditore agricolo professionale (I.A.P.) s’intende colui il quale, in possesso di adeguate conoscenze e competenze professionali (stabilite dall’art. 5 del regolamento CE n. 1257/1999 del Consiglio, del 7 maggio 1999) dedichi alle attività agricole (così come definite dall´articolo 2135 del Codice Civile), direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro.

[3] Finora la presenza di imprenditori agricoli a titolo principale (oggi I.A.P.) è stata considerata come criterio da utilizzare per dirimere il conflitto tra più confinanti coltivatori diretti aventi diritto a prelazione. Ai sensi dell’Art. 7 Dlgs 228/2001 “Ai fini dell'esercizio del diritto di prelazione o di riscatto
di cui rispettivamente all'articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n.
590, e successive modificazioni, ed all'articolo 7 della legge
14 agosto 1971, n. 817, nel caso di piu' soggetti confinanti, si
intendono, quali criteri preferenziali, nell'ordine, la presenza come
partecipi nelle rispettive imprese di coltivatori diretti e
imprenditori agricoli a titolo principale di eta' compresa tra i 18 e
i 40 anni o in cooperative di conduzione associata dei terreni, il
numero di essi nonche' il possesso da parte degli stessi di
conoscenze e competenze adeguate ai sensi dell'articolo 8 del
regolamento (CE) n. 1257/99 del Consiglio, del 17 maggio 1999”

[4] La giurisprudenza ha infatti affermato che il diritto di prelazione attribuito dall’Art. 7 legge 917/1971 ai confinanti coltivatori diretti, compete loro alle stesse condizioni cui è concesso dall’Art. 8 legge 590/1965 ai coltivatori diretti affittuari.

[5] Con il comma 4-bis, primo periodo, dell'art. 2 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 ("Proroga di termini previste da disposizioni legislative"), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, come modificato dall'art.1, comma 41, della legge 13 dicembre 2010 n. 220, le agevolazioni per la piccola proprietà contadina perdono il carattere di disposizione temporanea e divengono a “regime”: "4-bis. Al fine di assicurare le agevolazioni per la piccola proprietà contadina, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, nonché le operazioni fondiarie operate attraverso l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), sono soggetti alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa ed all'imposta catastale nella misura dell'1 per cento. Gli onorari dei notai per gli atti suindicati sono ridotti alla metà. I predetti soggetti decadono dalle agevolazioni se, prima che siano trascorsi cinque anni dalla stipula degli atti, alienano volontariamente i terreni ovvero cessano di coltivarli o di condurli direttamente. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 11, commi 2 e 3, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, nonché all'articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive modificazioni. All'onere derivante dall'attuazione del presente comma, pari a 40 milioni di euro per l'anno 2010, si provvede mediante utilizzo delle residue disponibilità del fondo per lo sviluppo della meccanizzazione in agricoltura, di cui all'articolo 12 della legge 27 ottobre 1966, n. 910, che a tale fine sono versate all'entrata del bilancio dello Stato.".

Va anche ricordato che l’art. 1, comma 47, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, in vigore dal 1° gennaio 2017, ha modificato l’art. 10, comma 4, del D. Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, con ripristino – a partire dal 2017 – le agevolazioni per i territori montani, di cui all’art. 9, comma 2, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601.  Ai sensi del predetto art. 9, comma 2, del d.p.r. n. 601/1973: «Nei territori montani di cui al precedente comma i trasferimenti di proprietà a qualsiasi titolo di fondi rustici, fatti a scopo di arrotondamento o di accorpamento di proprietà diretto-coltivatrici, singole o associate, sono soggetti alle imposte di registro e ipotecaria nella misura fissa e sono esenti alle imposte catastali. Le stesse agevolazioni si applicano anche a favore delle cooperative agricole che conducono direttamente i terreni».